Vittoria
Che bello è il mio sogno! – dirà qualcuno di voi – ed in effetti mi piace è un bel lavoro, ma come tutti i lavori necessita di impegno, tanto sacrificio e tanta competenza che da fuori si traducono in un bel posto in mezzo al verde con tanti gatti da coccolare, ma se solo pensi al carico di responsabilità che comporta custodire al meglio un componente importante e molto amato della tua famiglia già capisci che non è più un gioco o una semplice passione bensì una attività specializzata.
Come ho già detto il mio lavoro mi piace e a volte penso che fosse destino che finissi a fare questo infatti sono nata in casa di un veterinario, mio padre e ho sempre avuto gatti anche quando non era ancora così scontato avere animali in casa, parliamo degli anni ’60.
Ora, quanti di voi avevano già un gatto a quell’epoca? Intendo un gatto che viveva in casa, che dormiva sui letti, che aveva la lettiera fatta di segatura presa nella falegnameria dietro casa, un gatto che mangiava rigorosamente gli avanzi di casa e non sapeva nemmeno cosa fossero i croccantini?
Il mio primo gatto mi ha addirittura preceduto, era già in casa mia prima ancora che io nascessi, il suo nome era “Sputnik” nato il 4 ottobre del 1957 giorno in cui venne lanciato in orbita dal cosmodromo di Baikonur in Russia il primo satellite artificiale chiamato appunto Sputnik 1.
Sputnik era un siamese e quando sono nata io aveva quasi quattro anni, nella mia memoria di bambina mi pareva anche un gattone grande, aveva occhi scuri ed un mantello morbido con i chiaroscuri tipici del siamese. Era un gran cacciatore stava appostato per ore dietro i vasi del balcone per poi balzare come un lampo su lucertole o uccellini che per loro sfortuna passavano da li.
Era un gatto speciale, empatico aveva il dono di capire quando eri triste e ti veniva a consolare: mia madre mi raccontava che quando perse il suo primo figlio, subito dopo il parto, tornò a casa in preda alla depressione, rimase a letto per molti giorni e Sputnik le rimase accanto tutto il tempo accarezzandole con la zampa le guance quando le scendevano le lacrime.
Di figli dopo ne sono arrivati tre mia sorella, io e infine mio fratello e Sputnik ci ha un po’ cresciuti, di giorno ci seguiva in giardino e ci tendeva degli agguati per giocare, a volte sopportava i nostri tentativi di fargli guidare il triciclo o di girare nel passeggino delle bambole e la sera quando andavamo a letto dopo carosello sceglieva da chi andare e lo inondava di coccole e fusa.
Poi ad una certa ora si ritirava in cucina nella cesta del bucato da stirare e si riposava fino al mattino dal suo lavoro di dispensatore di serenità.
Sputnik ci ha anche insegnato il senso di una perdita, il giorno che mio padre, vedendolo malato, lo portò in ambulatorio e tornò a casa da solo fu per noi uno dei giorni più tristi della nostra infanzia.
Nei nostri ricordi resta un mito, un gatto unico con proprietà quasi magiche si, perché quando si è bambini si vive tutto con estrema intensità e tutto ti sembra grande e bello.
Resta comunque che qualcosa di mitico, di speciale lo aveva davvero anche se lo avrei scoperto da adulta ed era il suo nome: SPUTNIK.
Quel nome che pareva dato per caso, che a molti pareva impronunciabile o che semplicemente sembrava una scelta eccentrica di mia madre, portava invece con se un grande significato: Sputnik infatti in russo significa “COMPAGNO DI VIAGGIO”.
E che cos’è un gatto se non un formidabile compagno di viaggio?
Pensaci. Quanti Sputnik sono passati dal tuo giardino un’estate, hanno sostato qualche giorno e poi sono spariti di nuovo, quanti altri Sputnik sono invece entrati nella tua casa e vi sono rimasti fino alla fine dei loro giorni, oppure quanti Sputnik ti hanno conquistato per la loro storia sfortunata e poi ti hanno riconquistato con il loro personale modo di essere e di ricambiare il tuo amore?
Ognuno di loro ti ha accompagnato per un pezzetto della tua vita, che fosse lungo o corto, comunque avrà lasciato un segno e quasi sempre la voglia di condividere un altro pezzetto con un altro gatto.
Così di Sputnik in Sputnik arriviamo ai giorni nostri e dei gatti ho fatto, anche con l’aiuto della mia famiglia, il mio lavoro.
A tutti dico che ho una pensione per gatti, ma mi piacerebbe che diventasse un hotel a5 stelle, di progetti ne ho tanti e con l’aiuto dei miei fedeli clienti spero di realizzarne più possibile, per il bene di chi?
Ma dei gatti! Ovvio!